Prefazione di Cesare Segre
e, nel Laudario, la
serie intitolata Rosa, dove Rosa sono sia la donna, sia
il suo simbolo, e la rosa stretta al petto da Rosa e' un sogno
fine», come quello che costituisce il Roman de la Rose.
Evidente la varieta' sintattica, dalle brevi frasi nominali (La bocca carnosetta./Al mento una fossetta./Snello, proporzionato/el collo e levigato») a quella complessa e fitta di enjambements cercando lemme lemme... trovato s'avri'a». In francese e' tutto piu' omogeneo. Quelle che qui sono frasi nominali, nel Roman dipendono da un ot (`aveva') iniziale (Douce alene ot et savoree,/Et face blanche et coloree,/La bouche petite et grocete», 535-37), ancora ripreso, per scrupolo di chiarezza, da un altro ot (S'ot ou menton une fossete», 538). Cosi' subito dopo, Bianca la gola», ecc., in francese e', con la normale copula, Sa gorge estoit autresi blanche/ Cum est la noif desus la branche», ecc., 545-46. Viceversa, la lunga frase complessa sopra rilevata e', in francese, equamente ripartita in tre versi (N'avoit jusqu'en Jherusalen/Fame qui plus biau col portast;/Poliz ere et soef au tast», 542-44). Non sto a rilevare poi la varieta' di registri, evidentissima, perche' piu' avanti riprendero' le osservazioni su singole rimee scelte lessicali. Ed ecco una descrizione ben diversa, quella della vecchiaia:
Si vede subito l'efficacia dell'espressione assoluta dai anni racorciato» ecc. e dei tre asindeti finali, nonche' della scalarita' delle frasi che li compongono (una parola, tre parole con finale ossitono, tre parole con finale piano), infine delle rime ossitone al passato» fu: [non] piu'. Per l'andamento molto meno intenso del francese, basta citare il verso che corrisponde a Suchia. Non morde piu'»; esso dice semplicemente: A pene qu'el se poist pestre», 342. Piu' avanti, con crudele espressivita', Scataglini scrive: Mangia le pappe e umetta/el pane a fetta a fetta», 379-80. Ma tutta la descrizione e' memorabile. Eccone un altro frammento:
Questo lamento per il tempo inesorabile, qui movimentato dall'esclamazione (Oh il tempo!»), dalla serie asindetica (Fluisce senza acolta./Non posa. Non se volta», ecc.) dall'andante solenne (D'insustanziale massa» ecc.), nel Roman e' una lunga, pacata riflessione, scandita dall'anafora di Li temps qui», 361, 373, 380, 387 (Li temps qui s'en vait nuit et jor/Sans repos prendre et sans sejor», ecc., 361-94). Un episodio in cui brilla la bravura di Scataglini e' la storia di Narciso (vv. 161-80). Rinviando al testo, riporto qui solo alcuni brani sintomatici. Anzitutto la passione di Eco:
Dapprima l'indicazione, con iperbato, enjambement e prolessi combinati, della responsabilita' di Eco (il cui nome risuona, appunto ad eco, a tre versi di distanza); poi il precipitare dei tre passati remoti (perse: pianse, imploro'»), di cui l'ultimo, ossitono, e' in rima con l'ossitono rifiuto di Narciso (ricuso'»), rifiuto poi realizzato con una coppia, simmetrica ma piu' veloce, di passati remoti (rise, fugi'»). Infine la risalita retrospettiva dal furore tetro al suo erompere (se volse») alla sua genesi (non la colse»). Piu' avanti, il fatale momento della nemesi e' evocato con una successione di parentetiche che sembrano voler procrastinare a Narciso il funesto esito:
E' difficile interrompere l'esemplificazione: ovunque luccicano i segni della maestria. Mi accontento di un brano dedicato proprio alla rosa, attraente e vietata:
Rilevo all'inizio il modo incisivo con cui e' tradotto Guillaume de Lorris (De foilles y ot quatre paire,/Que Nature par grant mestire/I ot assises tire a tire», 1662-64: manca dunque il calamo», e soprattutto il bellissimo promissiva»). L'effetto del profumo, in francese, e' solo di attirare il narratore-protagonista (Je n'oi talent de repairer,/Ains m'en apressai por lui prendre,/Se g'i osasse la main tendre», 1672-74): non la fatale,inestinguibile fascinazione che Scataglini accentua con i successivi enjambements, che quasi vogliono strappare p'amore» da per forza» e l'attributo incantato» da fiore», mentre il mai» in rima, dopo l'inciso da vivo», ha il tono di un giuramento. 5. Perche' tradurre (in parte) il poema francese? I risultati appena esemplificati basterebbero a spiegarlo. Qualche altra motivazione la aggiunge l'autore, in alcuni versi (151-60) totalmente nuovi e segnalati col corsivo (ma ce ne sono tanti altri che occorre stanare da soli):
Abbiamo insomma il gusto di risognare un sogno, percio' anche di rivivere modernamente un'immagine gotica (molto duecentesco il gioco verbale sogno-risogno-sogna'; si noti poi poi il ricorso al linguaggio filosofico: qualita', in presenza, esiste); ma in piu' di reperire nell'antico l'universale, nella datata allegoria valori attuali (qualita'/velate d'aparenza»; e quei modi de l'esiste»). Di solito, chi traduce testi medievali ha il problema di evitare anacronismi linguistici, cioe' parole troppo evidentemente contemporanee, e magari di elaborare una qualche patina evocante il passato. scataglini, al contrario, puo' fruire in partenza dell'arcaicita' propria del dialetto (o almeno del suo dialetto), che collima con l'arcaicita' del settenario, verso da laude jacoponica o da poema allegorico il Tesoretto. Anzi, a prima vista verrebbe da dire che il poema gotico e' reso romanico, dunque retrodatato, dalle caratteristiche dei mezzi espressivi. In verita' Scataglini tiene a disposizione una vasta gamma di stilemi, che vanno dalla tarsia latina o latineggiante ai toni fiabeschi ai pochissimi, scherzosi anacronismi (come la citazione del capitale» di cui tutti ce famo servitori», 1080 e 1082). 6. Un esempio sintomatico di medievalita' completamente istituita dal poeta moderno (su un vago spunto del Roman, 672-74) sta in questi versi, che rinnovano spiritosamente la paraetimologia alla Isidoro da Siviglia, e paiono, se non fosse per la Kore» che rinvia ad altro ambito e per la risonanza lirica, la traduzione di un trattato o di una voce di dizionario antico:
Ecco invece un abbozzo di Ballade des dames du temps jadis, col suo bravo ubi sunt»:
E si puo' trovare in qualunque testo due o trecentesco un'allusione come questa al paradiso perduto dall'uomo:
Diverso esempio, di una medievalita' gotico fiorita, in questa specie di miniatura:
7. Veniamo ai particolari. Citero' anzitutto alcune delle parole francesi conservate, nella forma anconetana, in rima: percentualmente poche, anche se lo spoglio non ambisce alla completezza, dato il tipo di rifacimento: punto (point 365), 391; bali'a (baillie 387), 420; allura (aleüre 513), 541; fermaio (fremau 1169), 1280; brocchieri (boucle' 1188), 1311; socani'a (souquenie 1210), 1344 (anche a 1355 troviamo, fuori rima, socani'a per souquenie 1221); [argento] fino (argens fins 1527), 1698. Spesso e' conservata l'intera coppia di rime: portati: trapiantati (aporter: planter 593-94), 649-50; cortesi: sirventesi (serventois: cortois 703-4), 743-44; carola: parola (carole: parole 727-28), 765-66; bella: novella (belle: novelle 839-40), 893-94; orfre': re (orfrois: rois 1059-60), 1127-28; conti: raconti (contes: contes 1181-82), 1303-4; dovizia: rigolizia (requelice: device 1341-42), 1501-; Pipino: pino (pin: Pepin 1427-28), 1599-600; avallo: cristallo (aval: cristal 1537-38), 1709-10. Un'analisi piu' estesapotrebbe distinguere i calchi piu' forti, come socani'a e orfre', e, fuori di rima, virele', 792, o invece le forme che, rassomiglianti piu' che identiche, sono poi recuperate entro il contesto al significato originario. Naturalmente il valore di queste rime conservate va messo in rapporto con l'adozione di rime difficili o rare, come per esempio: rapini'o: brancichi'o, 203-4; nutre: putre, 229-30 (di putre i dizionari da'nno solo il valore aggettivale); pelliccia: miccia, 243-44 (con miccia aggettivo tratto dal sostantivo miccio `asino'); sfoia: ploia, 341-42 (il provenzalismo ploia e' in rima in Par. XIV, 27 e XXXIV, 91); addocia: gocia, 399-400; brancia: inguancia, 589-90 (dove brancia e' calco di branche 546); fanciulle: biulle, 803-4; alleluia: ruia, 1179-80 (alleluia e' in rima in inf. XII, 88); traslucigante: viandante, 1189-90; menage: ambage, 1221-22; amuchia: smuchia, 1235-36; storna: smalgiorna, 1369-70; stima: adima, 1393-94 (adima e' in rima in Purg. XIX, 100 e Par. XXVII,77); insigne: incigne, 1433-34 (incigne non sara' l'incingere `ingravidare' trecentesco e dantesco, ma un composto di cignere avvolgere»); spezie: lezie 1505-6 (dove lezie pare aggettivazione del sostantivo che significa `smanceria'); inverno: duerno, 1551-52; sito: assolito, 1589-90; antifonario: salario, 1683-84; rinova: sdova, 1705-6; entragne: bagne, 1795-96. E si notano subito i valori scherzosi delle parole francesi (moderne) pronunciate all'italiana, come menage, o degli accostamenti di comune e ricercato, in amuchia: smuchia; inverno: duerno; antifonario: salario, cui si possono aggiungere rime come amen: dame, 919-20, ecc. L'accostamento del familiare e del ricercato e' uno dei tratti caratterizzanti questa poesia. Si veda il Godeva a spende e spande», 1211 poco prima del gioco amato-amante se non altro dantesco (cfr. anche de non amante amato», 1686), o il drapo porpora d'Arabi'a» definito fresco de sartoria», 1276, o il delizioso cavandone a pilucchi/racemi de sbagiucchi», 1419-20, a rendere il puramente descrittivo En tel guise qu'il la besoit/Toutes les fois que li plesoit» (1269-70), o Cercando lemme lemme», in rima con Gerusalemme, 591. Ancora piu' studiati, ma sempre con una vena di scherzo, i latinismi o le parole schiettamente latine, come da un lato l'hic et nunc presente», 394, o ardea de se' sua sponte», 1194, o sub iure», 1208, o la prediletta imago», 1666, dall'altro il nigelle», 1134, ispirato fonicamente dal naelee francese, 1062, il cui significato, differente, e' poi restaurato dal resto della frase, o L'opera comincianda», 34, o il cognito universo», 297. Essi a volte si riproducono a catena, anche in versi praticamente nuovi: Sembrava l'auditorium/de le scole cantorum,/pero' tuti ucelleti:/cantori e musageti», 683-86. Dopo il latino anche la reminiscenza colta ha funzione nobilitante e, insieme, spesso ironica. Trascuro i dantismi generici, tipo va ognuno al Lete o al Stige», 1755, o come un stigio confine», 1844, e trascuro tutte le parole della poesia duecentesca, come adorneze, aulire, brolo, ecc. Piu' notevoli Come diaffan da lume», 119 (tratto dai vv. 16-17 della canzone Donna me prega del Cavalcanti); rista' conforme al quia», 180 (cfr. Purg. III, 37); il boccacciano millanta, piu' volte; 'ntra foie o sub cortina», 1451 (cfr. la canzone Quan lo rius de la fontana di Jaufre Rudel, v. 22: dinz vergier o sotz cortina»), ecc. Si aggiunga un tono fiabesco, ottenuto a volte con mezzi abbastanza semplici. Cosi' in legiadro certame/coi belli del reame», 759-60, dove il secondo verso traduce si beles gens», 726. Piu' elaborato: Su la lieve erba fresca,/malizia fanciullesca,/ora unita ora sdoppia,/de le donzelle in coppia!», 785-88, che rende Lors veissie's carole aler/Et gens mignotement baler/Et fere mainte bele treche/Et maint biau tor sor l'erbe freche», 743-46. Con voluta vaghezza: da un omo de virtu'/gran rege opure piu'», 1293-94 (un chevalier de linage/Le bon roi Artu de Bretaigne», 1176-77. 8. L'intersezione di registri movimenta senza soste il poemetto di scataglini. E' una specie di manometro del suo interesse al capolavoro francese, di cui ravviva o rinnova il paesaggio idealizzato (brulicare di animali, specialmente di uccelli, o di frutti; concenti di voci e strumenti musicali), di cui riprende senza gravare la mano i tocchi gnomici, e le cui parti narrative rifa' col proprio gusto, senza pero' mai violentarle. E poiche' l'argomento e' amoroso, non puo' sfuggire l'inventiva messa in opera nelle descrizioni della bellezza femminile: alle citazioni gia' fatte, voglio almeno aggiungere:
Dove il Roman dice soltanto: Ne fu fardee ne guignie,/Car el n'avoit mie mestier/ De soi tifer, ne d'afetier», 1004-6; oppure:
tanto piu' malizioso del francese Et sa gorge si descouverte/Que parmi outre la chemise/Li blanchoioit sa char alise», 1172-74; o infine:
di fronte al francese Elle fu une clere brune/A vis escure' et luisant;/Je ne sai fame plus plesant», 1240-42. Che l'incontro di Scataglini col Roman de la Rose fosse predestinato, lo dice anche la bellezza del nuovo testo, romanico e moderno, intenso e malizioso, che ha saputo trarne. |